Wednesday, March 23, 2016

HW10: Il ruolo della macchina nella società contemporanea

Ai giorni nostri la macchina può essere considerata come una luce, un faro che guida l'umanità verso una maggiore cognizione del mondo che ci circonda, sia esso molto piccolo (pensiamo alle nanotecnologie e il loro contributo nel cura delle cellule cancerogene) o molto grande (LIGO e la scoperta delle onde gravitazionali).
La macchina si è integrata perfettamente nel metodo scientifico postulato da Galileo Galilei. Infatti la macchina, intesa come strumento di ricerca, è in grado di rendere (il più possibile) oggettiva la materia studiata. Ad esempio, se vogliamo confrontare il colore di due mele. Si potrebbe dire: "sono entrambe rosse, ma quale rosso?". A qualcuno sembrerà più carminio ad altri più amaranto e così via. Solo attraverso la macchina saremo in grado di determinarne il colore oggettivo. Infatti l'immagine che ne avremo potrà essere scomposta in tre vettori RGB che ne determinano univocamente il colore. Così se troveremo (131, 29, 28) scopriremo che non era ne carminio ne amaranto ma granata.
Inoltre, la macchina rende confrontabili misure. Possiamo determinare quale tra due monoposto percorre la pista in meno tempo senza che queste debbano partire insieme.
Infine, essa garantisce la ripetibilità della misura, permettendo, ad esempio, la riproduzione in serie di dispositivi elettronici con le stesse caratteristiche.

Tuesday, March 1, 2016

HW9: La macchina protagonista in "Cent'anni di solitudine"


La macchina principale in "Cent'anni di solitudine" è la prima ad apparire, quella che determina la svolta nella psiche del protagonista.

In uno sperduto e isolato villaggio del Sud America, arrivò un gruppo di zingari. Con loro portarono una serie di marchingegni totalmente sconosciuti alla popolazione del villaggio. Il primo di questi fu la calamita ("Un zingaro corpulento [...] che si presentò col nome di Melquiades, [...] andò di casa in casa trascinando due lingotti metallici, e tutti sbigottirono vedendo che i paioli, le padelle, le molle del focolare e i treppiedi cadevano dal loro posto, e i legni scricchiolavano per la disperazione dei chiodi e delle viti che cercavano di schiavarsi, e perfino gli oggetti perduti da molto tempo ricomparivano dove pur erano stati lungamente cercati, e si trascinavano in turbolenta sbrancata dietro ai ferri magici di Melquìades.").

A capo di questo villaggio vi era uomo dal forte senso di giustizia sociale, José Arcadio Buendìa, il quale rimase come stregato da queste novità.
La macchina diventa strumento di curiosità, che stimola la mente di José Arcadio Buendìa. Egli non si limita a farsi ammaliare ma cerca in tutti i modi di sfruttare quelle scoperte per qualcos'altro ("pensò che era possibile servirsi di quella invenzione inutile per sviscerare l'oro della terra").

Alla calamita seguono il cannocchiale, gli strumenti nautici, un piccolo laboratorio di alchimia.
La macchina accende in lui la genialità. Così il cannocchiale diventa un'arma a distanza per dar fuoco a truppe nemiche ("Passava lunghe ore nella sua stanza, facendo calcoli sulle possibilità strategiche di quella sua arma inusitata, finché riuscì a comporre un manuale di stupenda chiarezza didattica e di irresistibile potere di convinzione"), Il laboratorio si trasforma in luogo di ricerca dell'uovo filosofale e, con le sue piccole conoscenze, dal suo isolato paese, capisce che la Terra è rotonda nell'incredulità generale.

Si hanno in lui manifestazioni maniacali in cui, come si è visto, la sua capacità di associare idee diverse aumenta, si esalta in modo ossessivo per le sue macchine fino a mettere a rischio la sua incolumità ("José Arcadio Buendìa non cercò nemmeno di consolarla, completamente assorto nei suoi esperimenti tattici con l'abnegazione di uno scienziato e perfino a rischio della propria vita") e il suo senso di autostima e sicurezza cresce oltre i limiti.

Ma tutto questo ha un costo, il rovescio della medaglia se vogliamo. Alle fasi maniacali si alternano fasi depressive ("Fu in quel periodo che prese l'abitudine di parlare da solo, vagando per la casa senza badare a nessuno" oppure "Quella sera Pietro Crespi lo trovò nella galleria, a piangere col piagnucolio senza grazia dei vecchi [...] per tutti quelli che poteva ricordare e che allora erano soli nella morte") che prima lo portano ad avere visioni e in seguito a perdere la cognizione del mondo reale.

La macchina è stata la causa scatenante della sindrome maniaco-depressiva di José Arcadio Buendìa ("Chi lo conosceva fin dai tempi della fondazione di Macondo, si stupiva di quanto fosse cambiato sotto l'influenza di Melquìades." o "Quello spirito di iniziativa sociale sparì in poco tempo, travolto dalla febbre della calamita, dai calcoli astronomici, dai sogni di trasmutazione e dalle ansie di conoscere le meraviglie del mondo. [...] Da intraprendente e pulito, José Arcadio Buendìa si trasformò in un uomo dall'aspetto ciondolone, trascurato nel vestire, con una barba selvatica che Ursula riusciva a regolare solo a grande fatica con un coltello da cucina.").
La macchina è curiosità, ossessione, disperazione.

Tuesday, February 23, 2016

HW6: Tassonomia delle simulazioni

Le simulazioni al computer sono alla base dello studio teorico sui materiali.
Esse si differenziano a seconda della scala temporale e di dimensioni che riescono a raggiungere.
Il seguente schema le classifica in questi termini.






Sunday, February 21, 2016

HW7: La macchine in "Cent'anni di solitudine"

L'astrolabio

"Alla fine stanco di aspettare, si lamentò con Melquìades del fallimento della sua iniziativa, e lo zingaro diede allora una prova convincente di onestà: gli restituì i dobloni in cambio della lente, e gli lasciò inoltre delle mappe portoghesi e diversi strumenti di navigazione. [...] Quando fu esperto nell'uso e nel maneggio dei suoi strumenti, ebbe una nozione dello spazio che gli permise di navigare per mari incogniti, di visitare territori disabitati e di allacciare rapporti con esseri splendidi, senza bisogno di lasciare il suo laboratorio. Fu in quel periodo che prese l'abitudine di parlare da solo, vagando per casa senza badare a nessuno, mentre Ursula e i bambini si rompevano la schiena nell'orto [...]. Alla fine, un martedì di dicembre, verso l'ora di pranzo, esplose in un colpo solo tutta la carica del suo tormento. [...] rivelò la sua scoperta: << La terra è rotonda come un'arancia.>>. Ursula perse la pazienza. <<Se devi diventare pazzo, diventalo per conto tuo>> gridò. [...] José Arcadio Buendìa, impassibile, non si lasciò intimorire dalla disperazione di sua moglie, che in un eccesso di collera gli spezzò l'astrolabio per terra."



La macchina della memoria

"Era la peste dell'insogna. [...] Ma l'india spiegò loro che la cosa più terribile della malattia dell'insogna non era l'impossibilità di dormire, dato che il corpo non provava alcuna fatica, bensì la sua inesorabile evoluzione verso una manifestazione più critica: la perdita di memoria." [...] José Arcadio Buendìa decise allora di costruire la macchina della memoria che una volta aveva desiderato per ricordarsi delle meravigliose invenzioni degli zingari. Il marchingegno si basava sulla possibilità di ripassare tutte le mattine, e dal principio alla fine, la totalità delle nozioni acquisite nel corso della vita. La immaginava come un dizionario girevole che un individuo situato al centro potesse manovrare mediante una manovella, in modo che in poche ore passassero davanti ai suoi occhi le nozioni più necessarie per vivere."



Il Dagherrotipo

"Nel frattempo, Melquìades terminò di effigiare nelle sue lastre tutto quello che era effigiabile a Macondo, e abbandonò il laboratorio di dagherrotipia ai deliri di José Arcadio Buendìa, che aveva deciso di utilizzarlo per ottenere la prova scientifica dell'esistenza di Dio. Mediante un complicato processo di esposizioni sovraesposte prese in diversi luoghi della casa, era sicuro di fare prima o poi il dagherrotipo di Dio, se esisteva, o di porre fine una volta per sempre all'ipotesi della sua esistenza."